Una sentenza a lieto fine
16 Gen 2020 - Adolescenti, Apprendimento, Bambini, Difficoltà, difficoltà scolastiche, disturbo specifico dell'apprendimento, News
Una sentenza a lieto fine: mille euro per ogni mese in cui non è stato assegnato il professore di sostegno.
Con la sentenza 5668, depositata il 2 dicembre scorso, il Tar non solo ha riconosciuto il diritto di un’alunna disabile all’assegnazione dell’insegnante di sostegno per un numero adeguato, ma ha anche condannato il Miur al risarcimento del danno.
La storia è a lieto fine ma inizia con una triste vicenda ed i protagonisti sono una bambina di scuola dell’infanzia e la sua famiglia che hanno dovuto lottare per ottenere il sostegno. Alla piccola erano state assegnate solo due ore e mezza di sostegno. La famiglia ha presentato ricorso al TAR ritenendo la misura inadeguata al bisogno educativo della piccola e, quindi, a garantirle l’esercizio del diritto all’inclusione scolastica ed inoltre hanno richiesto la condanna del Miur al risarcimento del danno. Il Tar oltre ad aver accolto il ricorso ha anche condannato il Miur al risarcimento del danno ( quantificato in mille euro per ogni mese in cui non è stato assegnato il sostegno nel rapporto 1/1), spiegando la decisione in una sentenza di oltre 100 pagine incentrata sul diritto di un alunno con disabilità all’assegnazione di un numero di ore di sostegno adeguato alla sua specificità. La novità è nel fatto che è stata accolta anche la domanda di condanna al risarcimento del danno non patrimoniale.
Il Tar ha messo in luce il ruolo del Piano Educativo Individualizzato (PEI), D. Lgs. n. 66/2017, che impone al dirigente scolastico di attribuire a ciascun alunno disabile un numero adeguato di ore di sostegno. I giudici hanno accolto la domanda di accertamento del diritto della bambina ad avere la presenza dell’insegnante di sostegno per l’intero orario di frequenza scolastica. Tale disposizione, infatti, si configura come l’unico modo per tutelare il diritto all’istruzione. Per tale ragione, nel PEI devono essere obbligatoriamente indicate le ore di sostegno necessarie all’esercizio del diritto allo studio, al fine di scongiurare che gli alunni fruiscano solo formalmente del percorso di istruzione.
Sentirsi incluso nel percorso scolastico e sociale non dovrebbe mai essere una battaglia ma una diritto. Ad affermarlo, sempre più spesso, sono i giudici quando basterebbe il buon senso. Auguriamoci che il prima possibile non dovranno mai più essere i genitori, già impegnati nel difficele compito di sostenere le traiettorie di sviluppo dei figli con disabilità, a doverlo ottenere.